Sono arrivate le vacanze di metà anno ed è il momento di fare una pausa.
Il momento è comunque propizio per iniziare a scrivere degli articoli sulla professione dell’agente immobiliare perchè noto come ci sia ancora tanta ignoranza fra tutti coloro che si trovano a richiedere alcuni servizi a questa figura professionale.
Noto, per esempio, che c’è tanta ignoranza su quello che è effettivamente il ruolo dell’agente immobiliare identificandolo il più delle volte soltanto come colui che fa “vedere le case”.
Cominciamo allora a fare un po di chiarezza.
Intanto partiamo dal Codice Civile e vediamo di dare la giusta identificazione.
L’agente immobiliare è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. ( Art. 1754 c.c. ).
Questo è quanto riporta il Codice Civile. Analizzando un po più da vicino la figura, si può essenzialmente dire che la figura del “mediatore” o del classico agente immobiliare è una figura imparziale e indipendente che ha un solo obiettivo: quello di riuscire a mettere d’accordo due o più parti per la conclusione di un affare avente ad oggetto il trasferimento di un qualsiasi bene immobile ( compravendita o locazione ) o aziende.
E’ chiarissimo che il mediatore per la sua opera compiuta ha il diritto di percepire il compenso.
Qua ci viene sempre di aiuto il Codice Civile che all’articolo 1755 detta:
Il mediatore ha il diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare si è concluso per effetto del suo intervento.
La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinati dal giudice secondo equità.
( Art. 1755 c.c. ).
Dal presente articolo si evince che il mediatore ha il diritto di percepire la provvigione da entrambe le parti e che la misura del compenso si determina del tutto liberamente fra l’agente immobiliare ed i suoi clienti; le tariffe professionali che sul principio degli anni ’90 erano state imposte dalle associazioni di categoria ai propri aderenti (e dalle Borse Immobiliari – strutture pubbliche delle Camere di Commercio, per la regolazione e sviluppo del mercato immobiliare – ai propri Accreditati) al fine di limitare gli elevati importi provvigionali che precedentemente venivano richiesti alla clientela, sono state di recente considerate inaccettabili in quanto lesive della libertà di commercio e di concorrenza da una nota pronuncia dell’Autorità garante per la concorrenza e per il mercato. Per effetto della pronuncia, non vi sono più quindi limiti di alcun genere alla commisurazione degli onorari dell’agente immobiliare, se non quelli fattuali del mercato.
Il diritto alla provvigione sorge per effetto e nel momento della conclusione dell’affare che il mediatore ha reso possibile mediante la segnalazione dello stesso alle parti.
Qua voglio soffermarmi un attimo sul momento preciso in cui sorge, in capo all’agente immobiliare, il diritto ad esigere il suo compenso.
L’obbligo per le parti di pagare il compenso all’agente immobiliare sorge nel momento in cui l’affare si è concluso.
Per conclusione dell’affare deve intendersi la manifestata volontà delle parti di giungere all’atto definitivo.
Questa esplicita volontà viene ormai spesso posta in essere o con la sottoscrizione di un preliminare di compravendita o attraverso l’accettazione di un venditore di una proposta di acquisto sottoscritta dal proponente acquirente.
Proposte e accettazioni che vengono manifestate utilizzando degli appositi moduli in uso agli agenti immobiliari.
Tutto questo anche se poi non si addiviene al contratto definitivo.
Può sicuramente essere di aiuto, a tal fine, una recente Cassazione.
In materia di mediazione immobiliare perché sorga il diritto alla provvigione è necessario che l´affare sia stato concluso e che la sua conclusione sia in rapporto con l´opera svolta dal mediatore, anche se detta attività sia consistita nella semplice attività di reperimento e di indicazione dell´altro contraente o nella segnalazione dell´affare, fermo restando, tuttavia, che questa deve costituire il risultato utile della ricerca effettuata, successivamente valorizzata dalle parti. La Suprema Corte, invero, ha avuto modo di osservare che “Ai sensi dell´art. 1754 cod. civ. si qualifica mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, risultando idonea al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione anche l´esplicazione della semplice attività consistente nella ricerca ed indicazione dell´altro contraente o nella segnalazione dell´affare, non rilevando, a tale scopo, che il mediatore debba partecipare attivamente anche alle successive trattative. In altri termini, per il diritto del mediatore al compenso, non è determinante un suo intervento in tutte le fasi delle trattative sino all´accordo definitivo, essendo sufficiente che la conclusione dell´affare possa ricollegarsi all´opera da lui svolta per l´avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la mera attività indirizzata al reperimento dell´altro contraente ovvero all´indicazione specifica dell´affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e poi valorizzata dalle parti“ (Cass. civ., Sez. III, 20/12/2005, n. 28231). Diversamente, dalla semplice comunicazione al venditore delle generalità ovvero dell´indirizzo di una persona, verosimilmente, interessata ad acquistare non si discende l´esistenza di un rapporto di mediazione e, quindi, non sorge alcun diritto a percepire la provvigione. Secondo un principio, ormai, consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, la nozione di affare va intesa in senso ampio, intendendosi per tale qualsiasi operazione che comporti un´utilità economica (per tutte Cass. civ., Sez. II, 12/04/2006, n. 8555); quindi, nozione di contenuto più ampio rispetto quello di contratto e, come tale, riferibile non solamente, al momento conclusivo di un contratto vero e proprio, essendo sufficiente, “… al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l´affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per il risarcimento del danno … “ (Trib. Monza, Sez. IV, 24/11/2005). In buona sostanza, perché sorga il diritto alla provvigione è necessaria la conclusione di un affare, ovvero quando tra le parti che il mediatore ha posto in relazione si sia costituito un vincolo giuridico che abilita ciascuna di esse ad agire, per esempio, per l´esecuzione del negozio giuridico ovvero, per il risarcimento del danno. Ne consegue che, laddove la parti si siano limitate a raggiungere un accordo di massima, si pensi ad una dichiarazione di intenti, e si siano riservate di stipulare, successivamente, un vero e proprio contratto, non si può affermare che l´affare sia stato concluso e, quindi, la provvigione non spetta. A questo punto ci si domanda se una proposta irrevocabile di acquisto, successivamente, accettata coincida con il momento conclusivo dell´affare e se da essa possa derivare il diritto alla provvigione. La risposta non può che essere negativa se tale proposta costituisce una semplice minuta o puntuazione di contratto, nel senso che se essa non è idonea, quanto al suo contenuto, a produrre effetti vincolanti. Discorso diverso va fatto quando la proposta di acquisto contenga, oltre alla descrizione dell´immobile, l´indicazione del prezzo, le modalità di pagamento, la data della stipula del contatto preliminare e di quello definitivo, la data di consegna dell´immobile. In tale ipotesi è stato osservato che “…la proposta di acquisto fatta dal… per il tramite dell´agenzia ed accettata dalla… contiene l´indicazione del prezzo, delle modalità di pagamento, della data di stipula del contratto definitivo e della consegna dell´immobile all´acquirente, derivandone che le parti hanno posto in essere tutti gli elementi occorrenti ai fini della conclusione dell´affare ai sensi dell´art. 1755 c.c. e, sebbene non lo dica in modo espresso, hanno in definitiva stipulato un contratto preliminare di vendita…” (Cass. Civ., Sez. III, 14/07/2004, n.13067). Si legge, ancora, nella sentenza citata : “E´ ben vero che, come risulta dalla sentenza impugnata, il documento indica la data della stipula del contratto preliminare innanzi al notaio, ma tanto non vale ad escludere che l´accordo intanto raggiunto costituisca esso medesimo questa figura contrattuale ed in proposito si considera che, se nello svolgimento della loro attività negoziale le parti abbiano posto in essere gli elementi del contratto preliminare, il fatto che, come nella specie, concordino di stipulare innanzi a notaio lo stesso contratto non implica che non lo abbiano già concluso e significa soltanto che intendono riprodurlo per dargli una veste più sicura senza esprimere una nuova volontà”. Per completezza di esposizione, val la pena di riportare una diversa recente pronuncia del Tribunale Civile di Modena (30/05/2006): “Non ha diritto alla provvigione chi abbia messo in contatto due soggetti in vista della conclusione di un contratto di compravendita, qualora il modulo contenente la proposta irrevocabile di vendita, ancorché seguito da altro e conforme modulo contenente la proposta irrevocabile di acquisto, preveda che le parti debbano stipulare un contratto preliminare e successivamente il contratto definitivo, laddove il termine di efficacia della proposta sia spirato inutilmente, senza che si siano perfezionati né il preliminare, né il definitivo. (Infatti, il procedimento di formazione del contratto per definizione è connotato da una progressiva accentuazione del vincolo tra le parti, mentre nel caso di specie, se si riporta al momento della formulazione della proposta irrevocabile la conclusione dell´affare, come sostenuto dalla convenuta, si finisce per operare in senso opposto, avendo previsto le parti il ricorso al preliminare, quindi, ad una fattispecie di tipo meramente obbligatorio, e poi al definitivo. Ciò preclude all´interprete di ritenere che l´incontro delle due proposte abbia integrato la conclusione di un contratto definitivo, come se fosse intervenuta accettazione della proposta irrevocabile)”. Possiamo, quindi, concludere, che la proposta irrevocabile (art. 1329 c.c) che contenga tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, ne consente la conclusione nel momento e per effetto della adesione dell´altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni, mentre, in mancanza di tali elementi essa assume il carattere di un mero accordo preparatorio destinato ad inserirsi nell´iter formativo del futuro contratto con l´effetto di fissarne solo gli elementi già concordati.Il che significa che, nella prima ipotesi, l´affare, ai fini provvigionali, può ritenersi concluso al momento dell´accettazione della proposta, mentre, nella seconda ipotesi, esso si considererà concluso al momento della stipulazione del futuro contratto, anche solo preliminare. Infine, alcune notazioni finali: non sorge il diritto a percepire il compenso provvigionale nell´ipotesi che il mediatore abbia avviato delle trattative che, poi, non si sono risolte positivamente, ovvero nell´ipotesi in cui le parti, successivamente, siano giunte alla conclusione dell´affare a seguito di nuove iniziative non riconducibili a quelle precedenti. E´ tenuto a corrispondere la provvigione colui che ha fruito dell´intervento e dell´opera del mediatore.
Ritornando adesso nel ruolo della figura dell’agente immobiliare c’è da dire che affinchè si possa svolgere questa professione, esso debba essere “abilitato”.
L’esercizio di questa attività è subordinato all’iscrizione al Ruolo degli Agenti di Affari in Mediazione tenuto presso ciascuna Camera di Commercio ed è regolamentato dalla Legge n. 39 del 1989 e successive integrazioni e modifiche.
Con la soppressione del ruolo degli agenti di affari in mediazione restano comunque in vigore tutti i requisiti necessari per l’ accesso alla professione.
Si e’ eliminato solo un elenco unico, (appunto il Ruolo) pertanto, coloro che intendono esercitare tale professione devono sostenere gli esami di abilitazione per iscriversi alla sezione speciale, appositamente creata, del Registro delle Imprese di mediazione immobiliare o REA per le persone fisiche.
Sicuramente non basta un corso ed un esame per potere svolgere al meglio una tale professione ma bisogna possedere quelle competenze in quelle materie che hanno relazione con gli scambi di beni immobiliari o aziendali. Fra queste si notano l’estimo, le norme di diritto privato e pubblico contenute nel Codice Civile e nelle altre norme applicabili, le leggi fiscali e tributarie in genere (nazionali e locali) e di tecnica bancaria, norme e principi di urbanistica e di progettazione, oltre a nozioni merceologiche afferenti alle tecniche costruttive ed ai materiali dell’edilizia.
L’agente immobiliare è l’unico professionista abilitato ad assistere la compravendita e la locazione di beni immobili oltre ad essere l’esercizio della professione incompatibile con qualsiasi altra attività professionale o imprenditoriale. Chiunque svolga la professione senza averne titolo incorre nel reato di (esercizio abusivo della professione) oltre a non aver diritto ad alcun compenso provvigionale e subire una sanzione pecuniaria che può eguagliare i 15.000 €.
L’agente immobiliare dopo tre anni continuativi di svolgimento della professione ha titolo per l’iscrizione nel ruolo dei periti ed esperti della locale camera di commercio e nell’elenco dei consulenti del Tribunale di competenza ed ha naturalmente titolo ad eseguire ed eventualmente giurare perizie a fini privati o come consulenza tecnica della parte in procedimenti giudiziari. L’agente immobiliare è tenuto al segreto professionale limitato, come per gli altri mediatori, dall’obbligo di reciproca informazione delle parti previsto all’art. 1759 Cod. Civ.; è inoltre obbligato alla stipula di una polizza assicurativa (rischio civile professionale) per la tutela delle parti interessate nell’affare.